Roma, 06 Marzo 2020
La Suprema Corte, nella sua sentenza n. 8959 del 5 Marzo, ha cristallizzato un importante principio, di interesse per i gruppi internazionali.
La fattispecie: il management e gli amministratori coinvolti nel procedimento penale, consapevoli delle conclusioni delle attività ispettive dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza, avrebbero proceduto, secondo la ricostruzione dell’Agenzia delle Entrate, ad una fusione per incorporazione della società italiana (sottoposta a ispezione) fortemente patrimonializzata, in una società di diritto lussemburghese, contestando il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di competenza della società italiana incorporata.
La Cassazione, nell’accogliere il ricorso delle parti, ha evidenziato che nel delitto contestato, gli atti dispositivi compiuti devono essere oggettivamente idonei a eludere l’esecuzione, connotandosi di una natura fraudolenta allorché, pur determinando un trasferimento effettivo del “bene”, siano caratterizzati da inganno o da artificio cioè dall’esistenza di uno stratagemma predisposto con l’esclusiva finalità di sottrarre le garanzie patrimoniali al fisco.
In altri termini, i Giudici precisano che nella fattispecie oggetto di sentenza, non c’è stata sottrazione fraudolenta di beni atteso che non è stato evidenziato e dimostrato quale fosse il rischio per il fisco.
La fusione per incorporazione di una società italiana – tra l’altro già oggetto di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria – in una società lussemburghese non comporta di per sé il delitto di sottrazione fraudolenta ove non venga provata la natura artificiosa dell’operazione.
In particolare, gli atti dispositivi oggettivamente idonei ad eludere l’esecuzione esattoriale presentano natura fraudolenta quando, pur determinando un effettivo trasferimento del bene, siano connotati da endogeni elementi di artificiosità e fittizietà, sottesi a sottrarre irreversibilmente le garanzie patrimoniali all’esecuzione.
In tale scenario fattuale l’Ufficio avrebbe dovuto:
- argomentare adeguatamente circa la natura artificiosa e fraudolenta dell’operazione di fusione;
- chiarire e dimostrare le modalità con le quali la fusione per incorporazione avrebbe messo in pericolo le pretese esattoriali del Fisco, invero rimaste inalterate;
- soffermarsi e dimostrare l’esistenza o meno dell’elemento soggettivo della consapevolezza, da parte dei rappresentanti e del management societario, del carattere artificioso e fraudolento dell’operazione;
- dimostrare l’assenza di valide ragioni economiche, anche extra fiscali, sottese alla fusione transnazionale.
La sentenza n. 8959/2020 è interessante atteso che non di rado le operazioni societarie eseguite dall’imprenditore nel corso o subito dopo il controllo da parte degli Uffici finanziari preposti, sono ritenute idonee a sottrarre garanzie patrimoniali alla futura ed eventuale pretesa fiscale. In punto di diritto, e sempre nel rispetto delle norme codicistiche, nel corso del controllo e/o successivamente, l’imprenditore e/o le Società del gruppo, non subiscono alcuna limitazione circa il compimento di operazioni sul proprio patrimonio, sia di natura ordinaria che straordinaria. Ciò che rileva, ai fini dell’illecito, è l’eventuale simulazione o fraudolenza delle operazioni, ma tale circostanza deve essere provata in modo severo e serio, non con suggestioni penalmente e fiscalmente neutre ed inconferenti.