I possibili riflessi della crisi economica in corso sugli assets rappresentati da partecipazioni societarie. Deducibilità delle minusvalenze su partecipazioni ex art. 101 del T.U.I.R..

Roma, 01 Giugno 2020

L’emergenza economica “attivata” in questi mesi dal COVID-19 di certo peggiorerà la situazione delle imprese, almeno di quelle meno resilienti all’impatto che sui propri “fondamentali” avranno il crollo del fatturato e del cash flow, l’aumento del contenzioso, la perdita di quote di mercato, etc….

All’esito finale di queste criticità, è verosimile che nel corso del 2020 i soci di queste società siano chiamati alla loro ricapitalizzazione, così come è probabile che alcuni degli shareholders possano decidere di abbandonare l’investimento e passare ad altro.

Come noto, qualora le perdite subite dalla società partecipata azzerino il patrimonio netto, portandolo al di sotto anche del limite legale del capitale sociale ex artt. 2447 o 2482-ter c.c., per evitare la liquidazione della società i soci dovranno intervenire attraverso la copertura integrale delle perdite, con il contestuale aumento di capitale almeno fino al limite legale (nel caso delle S.r.l., ad esempio, almeno fino ad euro 10.000).

In questo scenario il socio (società di capitali o persona fisica che sia) potrebbe decidere di non partecipare a questa operazione, lasciando eventualmente la ricapitalizzazione della società a soggetti terzi, determinando così:

  • l’annullamento della propria partecipazione;
  • la conseguente perdita della qualifica di socio.

Dal punto di vista fiscale, quella ipotizzata è una fattispecie simile alla perdita della qualifica di socio che si viene a determinare a seguito di recesso o esclusione, oppure a seguito della cancellazione della società dal registro delle imprese al termine della procedura di liquidazione. Pertanto, l’annullamento della quota di partecipazione detenuta nella società risulta assimilabile ai fini fiscali alle fattispecie disciplinate dall’art. 47 comma 7 del TUIR (recesso, esclusione, riscatto o liquidazione anche concorsuale della società).

Per i soggetti imprenditori, l’uscita dalla compagine sociale può produrre una minusvalenza su partecipazioni fiscalmente rilevante.

Ordinariamente, lo scioglimento del vincolo sociale ex art. 47 comma 7 del TUIR da parte, ad esempio, di una società di capitali che partecipa una S.r.l. è suscettibile di produrre dividendi ex art. 89 del T.U.I.R. o plusvalenze ex art. 86 comma 5-bis a seconda che le somme ripartite al socio uscente costituiscano riserve di utili oppure riserve di capitale.

Tuttavia, nell’attuale scenario di crisi economica post Covid 19, la normalità sarà che non vi sarà alcuna somma attribuita in conseguenza dell’annullamento della partecipazione, fattispecie verificabile anche in sede di liquidazione societaria in assenza di attivo liquidabile.

Pertanto, il socio imprenditore che vedrà azzerarsi la propria partecipazione per effetto delle perdite della sua partecipata, potrà conseguire soltanto una minusvalenza patrimoniale, disciplinata dall’art. 101 del T.U.I.R..

In materia di liquidazione societaria, tale impostazione è stata confermata anche dalla Risoluzione dell’AdE n. 420/2008, per la quale l’eliminazione della partecipazione dall’attivo patrimoniale della società partecipante prevede il realizzo di una minusvalenza ai sensi dell’art. 101 del T.U.I.R..

Ammessa, quindi, la possibilità che si consegua una minusvalenza, per i soggetti IRES, la medesima risulta alternativamente:

  • totalmente indeducibile, se riferita a partecipazioni “pex”, ovvero aventi i requisiti dell’art. 87 comma 1 del T.U.I.R. (c.d. regime della participation exemption);
  • totalmente deducibile, se riferita a partecipazioni prive di tali requisiti.

Come si è già avuto modo di segnalare nel blog dell’8 marzo 2019 (sezione news & brainstorming), i requisiti previsti dall’art. 87 comma 1 del T.U.I.R. per poter beneficiare del regime di sostanziale esenzione sulle plusvalenze da cessione, la c.d. participation exemption, sono:

  1. ininterrotto possesso della partecipazione dal primo giorno del dodicesimo mese precedente a quello dell’avvenuta cessione;
  2. iscrizione della partecipazione tra le immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;
  3. residenza fiscale della società partecipata in Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata;
  4. esercizio da parte della società partecipata di un’impresa commerciale, come definita nell’art. 55 del T.U.I.R..

Al di là del rispetto dei requisiti previsti nei precedenti primi tre punti, dirimente è il requisito della “commercialità”, come definito nello stesso T.U.I.R. all’art. 55.

Il requisito della “commercialità”, dispone sempre l’art. 87 del T.U.I.R., si presume non sussistente, senza possibilità di prova contraria, per le società partecipate il cui patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi:

  • dagli immobili alla cui produzione o scambio è effettivamente diretta l’attività d’impresa (c.d. “immobili merce”);
  • dagli impianti e dai fabbricati impiegati direttamente nell’esercizio d’impresa (c.d. “immobili strumentali per destinazione”).

Ciò significa, senza entrare in questa sede nella pletora di fattispecie possibili, che l’eventuale mancata ricapitalizzazione di una società immobiliare di mera gestione potrebbe produrre una minusvalenza non rilevante ai fini della participation exemption e, quindi, integralmente deducibile dal reddito di impresa.

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