Roma, 17 gennaio 2023
Come noto agli operatori del settore immobiliare, le “unità collabenti” sono le costruzioni caratterizzate da un notevole livello di degrado che ne determina l’incapacità di produrre ordinariamente un reddito proprio. Questi immobili – ai soli fini della loro identificazione – possono essere iscritti in Catasto con categoria catastale F/2 senza attribuzione di rendita catastale.
Per l’accatastamento dell’immobile tra le unità collabenti, è necessario che questo non sia censibile in un’altra categoria catastale e risulti individuabile e/o perimetrabile. Ciò significa che l’immobile non deve essere totalmente privo di copertura e della relativa struttura portante o di tutti i solai, ovvero delimitato da muri di altezza inferiore a un metro (nota A.d.E. del 30/07/2013 n. 29439).
Per quanto concerne l’assoggettamento ad IMU dell’unità immobiliare collabente in cat. F/2, è lapalissiana che non debba essere assoggettata all’imposta, non integrandosi il presupposto impositivo oggettivo del possesso di un immobile rientrante nelle categorie di cui all’art. 1 comma 741 della L. 160/2019, laddove viene definito il “fabbricato” come “l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita catastale”, mentre l’unità collabente non può considerarsi tale poiché priva di rendita catastale, come noto necessaria per determinare il valore, ossia la base imponibile, dei fabbricati stessi.
Tuttavia, fermo quanto anzidetto, va segnalato che a seguito dell’introduzione della “nuova” IMU – con decorrenza dal 01/01/2020 – sembrerebbe poter essere assoggettata a IMU l’area edificabile su cui insiste l’unità collabente.
Secondo questa tesi (su cui non ci sono ancora prese di posizione ufficiale dell’A.d.E. né pronunce delle Corti tributarie) l’area sottostante l’immobile collabente sarebbe assoggettata ad IMU, rilevando a tal fine il “valore venale in comune commercio” al 1° gennaio dell’anno di imposizione (o alla successiva data di adozione degli strumenti urbanistici), ai sensi dell’art. 1 comma 746 della L. 160/2019.
Depone a conferma di tali conclusioni anche il medesimo comma 746, per il quale non scontano l’IMU i fabbricati in corso di costruzione (categoria catastale F/3), di demolizione o oggetto di interventi di radicale recupero edilizio ex art. 3 comma 1 lett. c), d) e f) del DPR 380/2001. In tali ipotesi, infatti, l’IMU si applica sul valore dell’area fabbricabile su cui insiste il fabbricato in corso d’opera, senza considerare il valore di detto fabbricato, fino all’ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione, ovvero, se antecedente, all’utilizzo del fabbricato. Per analogia, sembrerebbe possa essere applicato il medesimo criterio anche alle unità immobiliari collabenti.
Secondo un’altra tesi di parte della giurisprudenza di Cassazione, le cui pronunce però sono antecedenti la disciplina dell’IMU in vigore dal 01/01/2020 (quindi non allineate al dettato normativo contenuto nell’art. 1 comma 746 citato), in caso di unità immobiliari collabenti, l’area sottostante non è soggetta all’IMU sino a quando l’eventuale demolizione restituisca autonomia al sedime: solo da tale momento l’immobile rileverebbe ai fini dell’IMU in quanto “area edificabile” (Cassazione 11/10/2017 n. 23801 e 11/04/2019 n. 10122).
Per completare e concludere, rappresenta una fattispecie differente dall’unità collabente quella dei fabbricati che, pur non essendo in condizioni di fatiscenza e degrado tali da risultare censibili nella categoria catastale F/2, sono tuttavia dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati: per tali immobili è disposta la riduzione della base imponibile IMU al 50% ex art. 1 comma 747 lett. b) della L. 160/2019.
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