Roma, 2 marzo 2023
Nella recente ordinanza di Cassazione n. 4755 del 15.02.2023, i Giudici della suprema Corte cristallizzano il seguente principio di diritto: “nel caso in cui venga stipulato un contratto di locazione di bene immobile ad uso diverso da un soggetto locatore che si trovi in una situazione di soggetto esente ad IVA e questi, trasferendo il bene immobile, ceda il contratto di locazione ad altro locatore cessionario il quale, viceversa, non benefici dell’esenzione, quest’ultimo non può pretendere di addebitare al conduttore quanto, non essendo soggetto esente, debba versare a titolo di IVA sull’importo del canone convenuto originariamente”.
La fattispecie oggetto di causa verteva sul ricorrente fenomeno di successione ex lege nel contratto di locazione (ai sensi dell’art. 1602 c.c. e dell’art. 7 L. 392/78 per gli immobili urbani, abitativi e non), che si produce automaticamente con l’alienazione dell’immobile, purché la locazione sia opponibile al terzo acquirente, vale a dire se ha data certa anteriore alla compravendita del bene ex art. 1599 c.c..
Come noto, nel caso in cui un soggetto, proprietario di un immobile locato, venda l’immobile a un terzo, si realizza una modifica nel lato soggettivo del contratto di locazione, in quanto all’originario locatore subentra il nuovo proprietario, garantendo al conduttore la continuità nel godimento dell’immobile.
Con l’acquisto del bene, quindi, l’acquirente subentra sia negli obblighi che nei diritti derivanti dal contratto di locazione e viene a trovarsi nell’identica posizione ricoperta dal contraente originario, senza che sia necessario stipulare un atto di cessione del contratto di locazione.
Muovendo dalla disciplina della successione ex lege nella locazione alle medesime condizioni stabilite con l’originario locatore, nell’ordinanza di Cassazione n. 4755 del 15 febbraio 2023 i Giudici hanno ritenuto di dovere stigmatizzare che se un locatore “esente da IVA” stipula un contratto di locazione di un immobile a uso diverso e successivamente trasferisce il bene, cedendo il contratto a un diverso locatore che, invece, è soggetto ad IVA, quest’ultimo non può addebitare al conduttore quanto è tenuto a versare a titolo di IVA sul canone convenuto originariamente; pertanto, è lo stesso locatore subentrato nel contratto a dover versare una parte del canone a titolo di imposta. Il nuovo proprietario, in pratica, non potrà aggiungere l’IVA al canone originariamente previsto in contratto (che richiede al conduttore), ma dovrà scorporarla da esso.
Questa la fattispecie oggetto di decisione: un immobile e il relativo contratto di locazione erano ceduti da un soggetto (probabilmente privo della soggettività IVA, quindi persona fisica e non persona giuridica, anche se la sentenza parla di “locatore esente IVA”) a una società immobiliare. Nel passaggio, il contratto passava da “fuori campo IVA” a “imponibile ad IVA”.
In ragione del subentro nel contratto, la nuova proprietaria (tra l’altro una S.g.r. di gestione di un Fondo istituzionale) pretendeva dal conduttore una somma a titolo di IVA sui canoni di locazione, in aggiunta all’importo del canone indicato nel contratto originario.
Secondo la società immobiliare acquirente, il maggior onere a carico del conduttore era giustificato anche in ragione dell’operatività del meccanismo di integrazione del contratto di cui all’art. 1374 c.c., a mente del quale “il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità”. La legge, nel caso di specie, sarebbe stata quella tributaria.
La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del conduttore, nella sua ordinanza ha affermato che il locatore “non esente” subentrato nel contratto non può pretendere dal conduttore un importo pari all’IVA dovuta, in aggiunta rispetto al canone pattuito con l’originario locatore esente; il locatore, pertanto, dovrà versare una parte del canone a titolo di imposta.
La Cassazione ricorda che i soggetti passivi IVA devono addebitare l’IVA al consumatore finale come maggiorazione del prezzo dei beni ceduti o dei servizi prestati e diventano debitori verso il Fisco dell’IVA così addebitata relativa alle operazioni imponibili effettuate.
Nella locazione effettuata da un locatore soggetto passivo IVA, quale è la società locatrice, al canone è aggiunta l’IVA (se l’operazione è imponibile); se, invece, il locatore non ha soggettività IVA, il canone non comprende l’imposta.
Tanto premesso, quando, per effetto della vendita del bene immobile oggetto del contratto di locazione, il contratto passa da “fuori campo” ad “imponibile”, a giudizio della Cassazione l’acquirente subentra anche nel contratto di locazione ai sensi dell’art. 1599 c.c. ed è tenuto a rispettarlo.
Ne consegue che il locatore acquirente dell’immobile, non può pretendere che l’importo del canone, che è diventato imponibile ad IVA, debba essere aumentato dell’IVA; è lo stesso locatore, subentrato nel lato attivo del contratto, ad essere consapevole del proprio assoggettamento all’IVA e dell’onere di dover versare una parte del canone a titolo di imposta.
Secondo i giudici di Cassazione – onestamente in modo poco convincente – non può ritenersi operante l’art. 1374 c.c., posto che il versamento dell’IVA è un obbligo imposto al soggetto – il locatore – una volta riscosso il canone di locazione.
Al di fuori del caso di specie (locatore originario “persona fisica”), il principio sancito dalla Corte di Cassazione potrebbe essere richiamato in sede di contenzioso anche in ipotesi di trasferimento dell’immobile tra due soggetti IVA, ove il primo non avesse espresso l’opzione per l’imponibilità e questa sia stata poi espressa dal locatore subentrato, mediante il modello approvato con provvedimento AdE n. 92492 del 29/07/2013.