Roma, 10 Ottobre 2019
La sentenza della Corte di Giustizia UE del 21/02/2013, causa C-123/11, offre lo spunto per alcune riflessioni in merito alle perdite fiscali ed alla loro utilizzabilità nell’ambito di operazioni straordinarie di fusione societaria transfrontaliera.
La riflessione muove dalla lettura dell’art. 181 del T.U.I.R., atteso che la norma non contempla le modalità di utilizzazione e riporto post fusione delle eventuali perdite fiscali pregresse della società estera da parte della società incorporante italiana, nella fattispecie in cui sia, appunto, una società estera ad essere incorporata in una società residente in Italia,
In particolare, senza entrare in modo eccessivo nei tecnicismi dell’art. 181 del T.U.I.R., questa norma disciplina solo ed esclusivamente la fattispecie del riporto e/o utilizzo da parte della società incorporante non residente, delle perdite fiscali ante fusione della società residente incorporata nella società “estera”, disponendo che il riporto delle stesse sia possibile:
- proporzionalmente – ma sempre nel suo limite – alla differenza tra elementi dell’attivo e del passivo relativi alla società italiana e/o stabile organizzazione sita nel territorio dello Stato;
- in ogni caso alle condizioni e nei limiti di cui all’art. 172 comma 7 del TUIR.
L’art. 181 del TUIR disciplina dunque il riporto post fusione delle perdite fiscali pregresse prendendo in considerazione le sole operazioni in cui la società residente in Italia è quella che viene fusa o incorporata e la società estera è quella che incorpora la società italiana. La norma, pertanto, non contempla la fattispecie in cui sia la società italiana ad incorporare la società estera, con le sue perdite fiscali.
Il silenzio della norma potrebbe ingenerare il dubbio che il legislatore non abbia voluto consentire la riportabilità delle perdite fiscali ante fusione della società estera fusa o incorporata da parte della società italiana.
E qui interviene a supporto la Corte di Giustizia Ue, che nella sua sentenza ha precisato che, in applicazione del principio comunitario sulla libertà di stabilimento, anche le “perdite estere” ante fusione della società estera fusa o incorporata devono poter essere riportate dalla società italiana risultante o incorporante, alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti dalla normativa nazionale per il caso in cui la società fusa o incorporata fosse stata a sua volta una società residente in Italia.
Unico ulteriore requisito che la Corte di Giustizia Ue ha previsto nel caso di fusione transfrontaliera e riportabilità delle perdite nella incorporante italiana, è la dimostrazione che la società estera fusa o incorporata, per effetto della fusione, si ritrovi nella impossibilità di utilizzare le “perdite estere” nel proprio Stato d’origine, sia a titolo proprio, sia eventualmente da parte di altri soggetti del gruppo d’appartenenza.
Pertanto, con il conforto della Corte di Giustizia UE, laddove la fusione transfrontaliera non determini una stabile organizzazione estera che “prenda il posto” della società estera fusa o incorporata nella società italiana, la società italiana risultante o incorporante potrà riportare le “perdite estere” della società incorporata, alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti dall’art. 172 comma 7 del T.U.I.R..