Roma, 23 Aprile 2020
Per quanto attiene le PMI, è l’art. 13 del DL 23/2020 che individua i parametri per la quantificazione della misura massima di finanziamento ammesso alla garanzia straordinaria “COVID-19” che può essere rilasciata dal Fondo Centrale di Garanzia per le PMI.
Come si è già avuto modo di segnalare nei precedenti blog, la norma anzidetta prevede diverse opzioni – a certe condizioni sovrapponibili – che si possono così riassumere:
- la garanzia del 100% sui finanziamenti fino ad un massimo di euro 25.000, ai sensi della lett. m) dell’art. 13 comma 1;
- la garanzia del 90% del Fondo, incrementabile fino al 100%, con quella di un Confidi o altri soggetti abilitati al rilascio di garanzie, ai sensi della lett. n) dell’art. 13 comma 1;
- la garanzia standard al 90%, ai sensi della lett. c) dell’art. 13 comma 1.
In questo quadro fisiologicamente complesso ed eterogeneo, è evidente che i dubbi e la confusione possano appalesarsi già oggi, figuriamoci allorché i riflettori (allo stato attuale puntati esclusivamente sulle mini garanzie al 100% da euro 25k di cui alla lett. m) si estenderanno – si auspica a breve – alle altre due lettere dell’art. 13, la lett. c) e la lett. n).
Per quanto riguarda le garanzie al 100%, di cui alla lett. m), la norma stabilisce che il finanziamento non potrà eccedere il “25 per cento dell’ammontare dei ricavi del soggetto beneficiario, come risultante dall’ultimo bilancio depositato o dall’ultima dichiarazione fiscale presentata alla data della domanda di garanzia ovvero, per i soggetti beneficiari costituiti dopo il 1° gennaio 2019, da altra idonea documentazione, anche mediante autocertificazione”, fermo restando in ogni caso l’importo massimo di euro 25k.
A questo punto, da oramai due settimane, alcuni dubbi operativi si stanno appalesando, soprattutto all’esito delle “istruttorie automatiche” in corso da parte delle banche.
E’, infatti, evidente che qualora alla data di presentazione della domanda di intervento del Fondo di Garanzia non sia ancora stato depositato il bilancio al 31/12/2019 (ad oggi, scenario comune alla quasi totalità delle società del Paese), né sia stata presentata la dichiarazione REDDITI 2020 per il 2019 (adempimento necessario per parametrare l’intervento per i beneficiari non soggetti alla redazione/deposito del bilancio, come i professionisti e lavoratori autonomi/ditte individuali), diviene necessario fare riferimento al bilancio o alla dichiarazione fiscale presentata in relazione al primo anno precedente al 2019, ergo il 2018.
A tale ultimo riguardo – nel silenzio dell’art. 13 del DL 23/2020 – un dubbio legittimo può sorgere nel caso in cui sia stata già trasmessa all’Agenzia delle Entrate, nelle passate settimane, la dichiarazione IVA 2020 relativa al 2019, atteso che la lett. m)parla genericamente di “dichiarazione fiscale” (e non espressamente di “dichiarazione dei redditi”), anche se il parallelismo dicotomico con il “bilancio depositato” e, soprattutto, il riferimento ai “ricavi” (e non quindi anche al “fatturato”) inducono a qualche perplessità.
Perplessità che vengono immediatamente meno constatando il diffuso utilizzo – da parte di coloro che hanno scritto materialmente il DL 23/2020 – l’imbarazzante e simultaneo uso, nell’ambito dello stesso decreto legge, dei termini “ricavi o compensi” (tipici delle imposte sui redditi) e “fatturato” (tipico dell’IVA): all’interno dello stesso art. 13, comma 1, si fa riferimento ai primi nella lett. m) ed al secondo nella lett. c), punto n. 2. Sarebbe pertanto auspicabile una precisazione ufficiale !
Per i soggetti costituiti dopo il 01/01/2019 viene lasciata invece ampia libertà di documentazione e autocertificazione, ma il vero interrogativo che lascia la norma è se l’ammontare di “ricavi o compensi” possa – in questo caso – essere ragguagliato ad anno (come potrebbe apparire ragionevole) o deve restare ancorato ai mesi di effettiva operatività nel 2019.
I dubbi valgono anche per i soggetti costituiti all’inizio del 2020. Dubbi che a maggior ragione valgono per i soggetti costituiti nei primi mesi dell’anno, per i quali la lettera della norma non consente di ipotizzare esclusioni a priori dal novero dei richiedenti. Sarebbe pertanto auspicabile una presa di posizione ufficiale al riguardo.
Per quanto riguarda le garanzie al 90% (più l’eventuale ulteriore 10% del Confidi che si dovesse affiancare al Fondo Centrale di Garanzia) di cui alla lett. n), la norma stabilisce il tetto massimo di finanziamento “garantibile” nella misura del “25 per cento dei ricavi del soggetto beneficiario”, con un implicito tetto massimo di euro 800k, atteso che a tale fattispecie possono accedere solo le imprese con ammontare di ricavi non superiore ad euro 3,2 milioni.
Nel precisare che la lett. n) dell’art. 13 del DL 23/2020 ancora non è operativa (manca il modulo del Fondo di Garanzia, con le relative istruzioni), si ritiene che il ritardo sia imputabile all’evanescenza della disposizione contenuta all’interno della lett. n), formulazione che si spera venga emendata e resa concretamente fruibile dalle imprese, al di là delle “annunciazioni”.
Per quanto riguarda, infine, le garanzie al 90% di cui alla lett. c) dell’art. 13 del dl 23/2020 (che sarà accessibile dalle PMI con “ricavi” superiori a 3,2 milioni di euro) la norma stabilisce il tetto massimo del finanziamento “garantibile” nel maggiore tra i seguenti parametri:
- il doppio del costo del personale (compreso quello di non meglio precisati “subcontraenti”) relativo all’esercizio 2019 o all’ultimo anno disponibile; per le imprese costituite successivamente al 01/01/2019, si farà riferimento ai costi salariali annui previsti per i primi due anni di attività;
- il fatturato 2019;
- il fabbisogno per costi del capitale di esercizio e per costi di investimento nei successivi 18 mesi per le PMI (che si riducono a 12 mesi per le MidCap fino a 499 addetti), attestato dall’impresa beneficiaria con autocertificazione.
Anche la lett. c) del Dl 23/2020 è ancora “su carta” ed anche per questa opzione è lecito attendersi qualche miglioramento normativo, prima ancora che qualche chiarimento interpretativo sui contorni dell’opportunità offerta alle imprese.
NB. Sulla “sovrapponibilità” degli strumenti offerti dal Decreto Liquidità, c’è da evidenziare (come confermato di recente da fonti ufficiali) che il ricorso al Fondo Centrale può avvenire sfruttando contemporaneamente più tipi di garanzie purché si rispettino i limiti che la norma impone, in particolare il 25% dei ricavi del beneficiario.
Può essere utile fare qualche riflessione su un aspetto degno di attenzione in questa fase di illiquidità diffusa, ovvero la compatibilità delle lettere m) ed n) dell’articolo 13.
In particolare, come già evidenziato, i cosiddetti miniprestiti da euro 25k [lett. m)] comportano una garanzia del Fondo con copertura al 100% alle seguenti condizioni:
- inizio del rimborso del capitale non prima di 24 mesi dall’erogazione;
- durata complessiva fino a 72 mesi;
- finanziamento di importo non superiore al 25% dell’ammontare dei ricavi del soggetto beneficiario, comunque non superiore ad euro 25mila.
La lett. n), come su detto, riguarda i soggetti con ricavi non superiori ad euro 3,2 milioni, con un tetto massimo del finanziamento di euro 800.000, finanziamento che non potrà comunque eccedere il 25% dei ricavi dell’impresa beneficiaria e sul quale, a differenza della lett. m), la garanzia dello Stato è del 90% (elevabile al 100% a seguito dell’eventuale coinvolgimento di un Confidi).
Ci si è domandato, nei giorni scorsi, se le due misure [lett. m) + lett. n)] potessero cumularsi. La riposta fornita il 20 aprile u.s. nel corso di un confronto tra addetti ai lavori è stata positiva.
A titolo esemplificativo: un’impresa con ricavi pari ad euro 500k, che potrà ricevere “mezzi freschi” per un massimo di euro 125k (25% di euro 500k), potrebbe richiedere oggi un finanziamento di euro 25k con garanzia del Fondo del 100% [lett. m)del DL 23/2020], per poi presentare – allorché saranno approvate le procedure – una richiesta di ulteriori euro 100k ai sensi della lett. n) del DL 23/2020, nel rispetto complessivo del limite del 25% dei ricavi previsto dall’art. 13 del DL 23/2020.