Roma, 2 Maggio 2019
Una recente sentenza della CTR Lazio – Sentenza n. 2346/1/19 – offre lo spunto per alcune ulteriori riflessioni in materia di PEX ex art. 87 del TUIR.
La “materia del contendere”, in estrema sintesi. L’Agenzia delle Entrate contestava ad una “Società X” di aver “frazionato”, abusivamente ex art. 10-bis della L. 212/2000, la cessione d’azienda comprensiva di una partecipazione soggetta a PEX, stipulando due separati atti di cessione:
a) un atto di cessione d’azienda;
b) un atto di cessione di partecipazioni.
All’esito delle cessioni, la “Società X” realizzava sull’atto di cessione d’azienda una minusvalenza deducibile pari a circa Euro 16 mil., mentre sull’autonomo atto di cessione della partecipazione, soggetto all’agevolazione della participation exemptionex art. 87 del TUIR, realizzava una plusvalenza pari a circa Euro 103 mil., non assoggettata ad IRES per il suo 95% come previsto per legge.
La questione non è banale, né in termini di diritto né per i suoi riflessi fiscali sulle “casse” della Società X e dell’Erario.
Entrando nello specifico, si rammenta che quando si procede alla cessione di un’azienda, la relativa plusvalenza è determinata ai sensi dell’art. 86 del TUIR e non è assistita da alcuna forma di esenzione totale o parziale ai fini delle imposte sul reddito, a differenza di quanto previsto per le plusvalenze realizzate sulla cessione di partecipazioni caratterizzate dai requisiti PEXdi cui all’art. 87 del TUIR (si rinvia all’art. dell’8 marzo 2019 all’interno del blog dello Studio).
La plusvalenza da cessione d’azienda è unica e la sua determinazione è unitaria. In altre parole, essa non è la mera sommatoria algebrica delle plusvalenze riconducibili ai singoli elementi patrimoniali che compongono l’azienda ed è pertanto “insensibile” alle specifiche regole fiscali di determinazione delle plusvalenze afferenti le cessioni di detti beni.
Ciò significa che se nel complesso aziendale ceduto risultano comprese una o più partecipazioni con i requisiti PEX di cui all’art. 87 del TUIR, la plusvalenza realizzata, in assenza di peculiarità negoziali/sostanziali della fattispecie, va qualificata per il suo intero ammontare “plusvalenza da cessione d’azienda” e quindi, sempre per il suo intero ammontare, deve essere assoggettata ad IRES in base ad una delle modalità di tassazione alternative ammesse dall’ordinamento:
- tassazione ordinaria;
- tassazione frazionata per quote costanti fino a cinque periodi di imposta;
- tassazione separata.
L’unitarietà della plusvalenza da cessione d’azienda impedisce, a certe condizioni, di scorporare la quota parte di plusvalenza riconducibile alle partecipazioni con i requisiti PEX e di considerare esente il 95% di detta quota parte, ai sensi dell’art. 87 del TUIR.
Anche la prassi dell’Agenzia delle Entrate è sempre stata estremamente chiara nell’affermare questa impostazione di principio (circ. 13 febbraio 2006 n. 6, risposta 5.2), nonostante autorevoli voci dissonanti in dottrina propendessero per l’applicabilità della participation exemption anche nell’ipotesi di realizzo della partecipazione nell’ambito di un trasferimento d’azienda (circ. Assonime 6 luglio 2005 n. 38, § 4 e 21 aprile 2006 n. 13, § 2.2.5).
La questione, in un’ottica di abuso del diritto ex art. 10-bis della L. 212/2000, è stata attenzionata dall’Agenzia delle Entrate, sfociando nel citato contenzioso che ha visto la Società X “vittoriosa” in Commissione Provinciale e “perdente” in Commissione Regionale.
A questo punto non si dovrà far altro che attendere, da qui a 4/5 anni, il giudizio della suprema Corte di Cassazione che dovrà pronunciarsi e sentenziare se, in presenza di un complesso aziendale comprensivo di partecipazioni assoggettabili ad agevolazione PEX, la società cedente nel disporre la cessione con due distinti atti (prima delle partecipazioni societarie, poi dell’azienda) possa legittimamente fruire dell’esenzione IRES del 95% della plusvalenza realizzata sulla cessione delle partecipazioni stesse.
Per concludere, nella fattispecie oggetto della sentenza della CTR Lazio, va sottolineato che il presupposto su cui i giudici hanno fondato l’accoglimento della tesi del “frazionamento abusivo” ex art. 10-bis della L. 212/2000, è dato dalla “profonda interdipendenza funzionale” che caratterizza i due distinti atti di cessione d’azienda e cessione di partecipazioni, in assenza della quale di certo non troverebbe applicazione l’art. 10-bis della L. 212/2000, potendo, pertanto, la società beneficiare legittimamente dell’agevolazione prevista dall’art. 87 del TUIR.