Roma, 15 Gennaio 2021
La fattispecie oggetto di “interpello” (avente in ogni caso valenza generale in termini soggettivi) riguarda una “holding industriale”, tipologia societaria come definita dall’art. 162-bis del T.U.I.R., che ha così esposto la sequenza di atti societari:
- nel mese di ottobre del 2019 cedeva un pacchetto azionario in una società quotata, acquisito in più tranche negli esercizi precedenti e che aveva iscritto tra le immobilizzazioni finanziarie, realizzando una significativa plusvalenza“….. al fine di sostenere il risultato d’esercizio e, quindi, mantenere apprezzabili i rating di impresa da sottoporre a banche e fornitori”;
- nei giorni immediatamente successivi alla cessione, la società riacquista nuove azioni di quella medesima società quotata, ma le cedeva nuovamente già nel corso del primo semestre 2020, realizzando questa volta una importante minusvalenza, perché “nel mese di marzo 2020, a causa della pandemia da COVID-19, sono crollate le borse a livello mondiale, coinvolgendo significativamente anche la società partecipata;
- da ultimo, sempre nelle settimane successive alla cessione che ha determinato la minusvalenza, riacquista nuovamente azioni della medesima società quotata per una serie di ulteriori riflessioni fatte dal management della holding.
In tale scenario, l’esito conclusivo dell’interpello di qualche giorno fa è che la cessione di una partecipazione relativamente alla quale sussistono gli importanti requisiti PEX – art. 87 del T.U.I.R. – per cui la plusvalenza conseguita dalla società cedente risulta esente ai fini IRES per il 95%, seguita dal riacquisto di una partecipazione in quella medesima società e da una successiva, a brevissimo, ulteriore cessione minusvalente delle quote stesse, con diritto alla deduzione della minusvalenzaper carenza dei requisiti PEX (mancando i requisiti, anche solo temporali, dell’art. 87 del T.U.I.R.), non integra gli estremi dell’abuso del diritto ex art. 10-bis della L. 212/2000.
La motivazione cui perviene l’A.d.E. nella sua risposta n. 32/2021 è nelle righe finali del documento stesso, laddove si legge che non c’è abuso del diritto “… poiché non è rinvenibile alcun vantaggio fiscale in quanto la cessione e il riacquisto determinano effetti legati all’ordinaria applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 86, 87 e 101 del T.U.I.R.”.
In sintesi:
- da un lato, la plusvalenza conseguita con la prima cessione riguarda una partecipazione posseduta da oltre dodici mesi ed in quanto tale esente ai fini IRES per il suo 95%, atteso che rispetta sia il requisito dell’holding period, di cui alla lett. a) dell’art. 87 comma 1 del T.U.I.R. sia gli ulteriori requisiti di cui alle successive lett. b), c) e d);
- dall’altro lato, la minusvalenza subita con la seconda cessione – formalizzata poco dopo la prima – riguarda una partecipazione posseduta da meno di dodici mesi che, in quanto tale, risulta sprovvista alla data di cessione dei requisiti per l’applicazione della Pex, con quel che ne consegue in termini di sua deducibilità ai fini IRES.
L’esenzione della plusvalenza e la deducibilità della minusvalenza, in uno scenario e susseguirsi di atti “leggermente” anomalo e concitato, tra cessioni e successivi riacquisti aventi per oggetto azioni della medesima società, ha così indotto la holding a presentare l’istanza di interpello nel timore di vedersi contestare l’abuso del diritto ex art. 10-bis della L. 212/2000, con successiva ripresa a tassazione dei flussi reddituali generati, ad esempio riqualificando il primo acquisto in una operazione di trading, anziché di investimento, con conseguente erronea sua prima iscrizione tra le immobilizzazioni finanziarie e venir meno dei requisiti PEX anche sulla prima cessione, per difetto del requisito di cui alla lett. b) dell’art. 87 comma 1 del T.U.I.R..L’AdE, quindi, ha confermato il corretto operato della holding.