Fabbricati collabenti: secondo l’AdE la cessione va fatta in regime di imponibilità IVA.

Roma, 09 novembre 2022

L’Agenzia delle Entrate, nella sua risposta a interpello n. 554/2022 ha affrontato – nero su bianco – per la prima volta il tema del regime IVA applicabile alle cessioni di fabbricati “collabenti”, classificati catastalmente nella categoria F/2, ritenendo che, a prescindere dall’originaria classificazione in Catasto, tali immobili non siano allocabili né fra quelli strumentali né fra quelli abitativi.

Di conseguenza, alla relativa cessione non potrebbe rendersi applicabile il regime di esenzione di cui all’art. 10 comma 1 nn. 8-bis) e 8-ter) del DPR 633/72, bensì l’ordinario regime di imponibilità.

La fattispecie oggetto di interpello. La compravendita oggetto della risposta riguarda un complesso immobiliare costituito da un’area urbana (categoria F/1) su cui insistevano 5 fabbricati a originaria destinazione alberghiera (categoria D/2), poi caduti in uno stato di notevole degrado e attualmente censiti nella categoria F/2, sui quali il cedente aveva avviato gli interventi edilizi finalizzati alla demolizione e ricostruzione nonché riconversione urbanistica con destinazione residenziale.

Secondo la rappresentazione dell’istante, il cedente si era infatti impegnato con il cessionario a ottenere i titoli abilitativi necessari alla trasformazione del compendio immobiliare nonché ad avviare (e possibilmente completare) i lavori di demolizione dei fabbricati collabenti insistenti sull’area, così che l’oggetto economico dell’operazione poteva essere alternativamente ricondotto:

  1. alla cessione di un’area edificabile, indipendentemente dallo stato di avanzamento dei lavori di demolizione;
  2. ovvero, alla cessione di fabbricati in corso di costruzione o ristrutturazione, effettuata in un momento anteriore alla data di ultimazione dei medesimi.

Le peculiarità della articolata fattispecie oggetto di interpello hanno ragionevolmente influito sulle conclusioni dell’AdE, la quale ha riconosciuto l’ordinario assoggettamento a IVA dell’operazione anche sulla base di circostanze oggettive, ovvero l’avvio dei lavori anteriormente alla cessione e stato di avanzamento dei lavori di demolizione alla data della compravendita.

Qualche riflessione critica è tuttavia stimolata dal riferimento quasi esclusivo alla classificazione catastale – categoria F/2 – dei fabbricati al momento della cessione, ergo fabbricati collabenti.

Secondo il punto di vista dell’AdE esposto nell’interpello, infatti, quello “catastale” resterebbe il “criterio di riferimento principale” per la qualificazione degli immobili ai fini IVA, e in particolare per l’applicabilità del regime di esenzione IVA ex art. 10 comma 1 nn. 8-bis) e 8-ter) del DPR 633/72.

Sebbene la normativa fiscale italiana non contempli una nozione di “fabbricato ai fini IVA”, come oramai noto la legislazione comunitaria definisce come “fabbricato” “qualsiasi costruzione incorporata al suolo”, prescindendo quindi dalla relativa classificazione catastale.

L’esclusione dei fabbricati collabenti, iscritti in catasto nella categoria F/2, dal novero dei “fabbricati”, secondo la conclusione dell’AdE, non sembrerebbe del tutto coerente con il generale regime IVA cui sono assoggettate le cessioni di beni immobili, se si osserva che le predette costruzioni, seppur caratterizzate da un notevole livello di degrado, sono in ogni caso fisicamente individuabili, perimetrabili e infisse al suolo.

La disciplina specifica per i fabbricati collabenti, in difformità dalle altre tipologie di fabbricati, sembrerebbe inoltre porsi in contrasto con una lettura comunitariamente orientata della disciplina di esenzione IVA prevista per le operazioni immobiliari, la cui ratio discende dalla sostanziale assenza di valore aggiunto generata dalla vendita di fabbricati “non nuovi”.

Se, infatti, l’esclusione dei fabbricati in corso di costruzione e di definizione (categorie F/3 e F/4) dal regime di esenzione IVA – ordinariamente previsto per le cessioni di fabbricati – risulterebbe giustificata dalla circostanza che trattasi di beni “ancora nel circuito produttivo”, suscettibili di incorporare un valore aggiunto significativo (e che devono, pertanto, essere assoggettati al regime di imponibilità), tale condizione non appare scontata nella generalità delle cessioni di fabbricati collabenti, le quali potrebbero realizzarsi anteriormente all’avvio di qualsiasi intervento di demolizione o trasformazione da parte del venditore, dando luogo a operazioni relativamente prive di valore aggiunto che mal si concilierebbero con l’ordinario regime di imponibilità. A tal riguardo basti pensare alla nozione di “trasformazione” cristallizzata nella sentenza della Corte di Giustizia Ue 16 novembre 2017, seconda sezione, causa C-308/16, “…operazione che conferisce al fabbricato in oggetto un valore aggiunto, al pari della sua costruzione iniziale.

Va da sé che la presa di posizione dell’AdE esposta nel suo interpello, potrebbe avere un apprezzabile impatto – in termini di potenziale contenzioso – sulle compravendite di fabbricati in pessimo stato manutentivo, a seconda che siano catastalmente classificati come collabenti oppure no alla data del rogito di compravendita.

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